mercoledì 31 luglio 2013

I misteri dell'oil curing


Teste Radice sottoposte a oil curing. Un procedimento che Radice aveva introdotto per una serie speciale, in seguito dismessa. L'immagine viene dal sito di R.D. Field, importatore americano di allora e, immagino, ispiratore del progetto.


C'è chi ama l'aroma di fritto misto di una Ashton nuova, appena accesa. Un sapore abbastanza inconfondibile e imperdibile per i viziosi dell'oil curing.
Il procedimento fu inventato, o adattato alle fabbricazione di pipe, dal genio commerciale di Alfred Dunhill. Si è sempre pensato che l'idea nascesse dall'esigenza di far maturare la radica privandola dei tannini e rendendola buona alla prima fumata (o quasi), in un'epoca in cui la maggior parte delle pipe di produzione corrente erano amare e allappanti. Leggendo i brevetti, potrebbe anche sembrare che la cura avesse una funzione estetica e che rendesse in qualche modo migliore la sabbiatura e l'aspetto della pipa.
Comunque sia, in questo interessante post dal blog "il collezionista",  c'è la descrizione dei diversi brevetti Dunhill e Sasieni per l'estrazione dell'olio dalle teste oil cured. Il mistero sul trattamento in sé resta abbastanza fitto, ma qualche lampo di luce sul post-trattamento aiuta.


venerdì 19 luglio 2013

La trilogia


La trilogia di Mauro Gilli.
"La lunga, la corta e l'albina"


Una delle ragioni per cui amo molto le pipe di Gilli è il divertimento che mi procura avere pipe fatte solo per me, sposando il piacere dell'immaginare (cosa di cui sono, limitatamente, capace) con quello di maneggiare una pipa perfetta fatta con arte che lascia a bocca aperta (cosa che non potrei mai sognare di realizzare). Approfittando della pipa dell'anno di flp, che stavolta era una canadese di Gilli, ho messo insieme diversi desideri che avevo in mente: una brucianaso, una schiuma da  plug. E mi è nata l'dea di comporre un trittico in cui l'insieme valesse più della somma, pur notevole, delle singole parti.
La schiuma l'ho trovata da Al Pascià. Il suo bocchino non era poi male (almeno in confronto alla media delle realizzazioni su pipe turche moderne), ma soprattutto mi piaceva la testa, molto aggraziata e leggera, di forma misura ideale per i miei cubetti di Grousemoor e RB. Speravo che il tocco di Gilli e del suo cumberland ripetesse

 risultati simili a questi, e non sono rimasto deluso. Sulla brucianaso ho dato a Mauro e Simone libertà assoluta, e ne è uscita una mini-LB le cui dimensioni, in assenza di riferimenti, sono assolutamente impossibili da immaginare in foto. Per chi non ha la fortuna di averla tra le mani, è difficile concepire il piacere di fumare questa Maigret a scartamento ridotto, ma pur sempre con un rispettabile fornello da 19. E' una pipa che mette allegria solo a maneggiarla ma che in più è godibilissima tra i denti, grazie al famoso dente di Gilli e alla sua corta leva. Non è nemmeno una pipa estrema, da effetto speciale. E' una brucianaso da fumare, e rifumare... 
La canadese, l'ho detto, è quella di flp. Per dare al trittico una coesione, attraverso forme e materiali diversissimi, ho scelto per tutte il cumberland verde e la vera argento (eccezionalmente, questo ha comportato una lieve modifica al progetto originale della pipa flp).
Raramente, quanto in questo caso, mi sono reso conto di quanto fumare, sognare, collezionare pipe ci riporti felicemente bambini. Ho aperto il pacco ieri, pieno di questa e di altre meraviglie di cui magari parlerò in qualche prossimo post. E sono felice, almeno quanto lo sarei stato quarant'anni fa, con una scatola di trenini nuovi, così belli da non lasciarmi dormire.

mercoledì 17 luglio 2013

G.L. Pease Westminster vs. Dunhill London Mixture


Il Westminster di Gregory Pease dichiara di  essere un tabacco ispirato alla London Mixture originale, quella leggendaria miscelata da Dunhill (prima che la produzione passasse a Murray's, ai tempi in cui cominciai a fumarli io, parecchi anni fa)



La London Mixture Dunhill come si presenta oggi. E' fatta da Orlik e non gode di ottima stampa. Anche Gregory Pease giudica questa edizione molto inferiore a quella di Murray's, che era già seccamente inferiore all'originale Dunhill by Dunhill, che lui si è sforzato di replicare.

 La differenza tra le due miscele balza agli occhi. Tendenzialmente bruno-chiara la Dunhill, molto scuro il Westminster. Anche il taglio è diverso. Quello Dunhill è un classico taglio medio e regolare, quello di Pease è più grosso e selvatico.

C'è stato un tempo in cui la pipa era un passatempo abbastanza diffuso. A giudicare dalla quantità di tabaccai e negozi che mettevano in vendita pipe e relativi combustibili, di tabacco se ne consumava molto più di oggi. Eppure, un po' a causa del monopolio italiano, un po' forse proprio a causa della vastità del mercato, che faceva del tabacco da pipa, anche di qualità, un prodotto piuttosto comune, la varietà non era paragonabile a quella di oggi. C'erano punti fermi e certezze incrollabili, questo sì. E nel campo della miscela al latakia, erano Balkan Sobranie e Dunhill, principalmente.
Il Balkan bianco e nero aveva forse un leggerissimo margine di vantaggio in termine di qualità percepita. Dunhill in compenso offriva la varietà, restando al massimo livello qualitativo. Le scatole verniciate offrivano già iconicamente dei suggerimenti sui momenti d'uso. Ce n'era per il mattino, la notte. C'erano la Standard mixture nelle tre gradazioni di flavour. C'era il 965, descritto da molti come la miglior miscela mai prodotta in assoluto. E poi, secondo me un po' nel ruolo di cenerentola, c'era la London Mixture.
A me piaceva, ma l'ho fumata meno di altri Dunhill credo soprattutto perché gli mancava un aggancio semplice che la collocasse in un momento o in una posizione chiara (quella forte, quella leggera, quella col perique...). Era semplicemente buona, ma non mi sono mai molto chiesto buona in che modo.
Per altri probabilmente le cose stavano diversamente. Mentre io muovevo i primi incerti passi nel mondo delle pipe e dei tabacchi, Gregory Pease, ancora lontano dal diventare il blender più amato del mondo, lavorava da Drucquer dove avrebbe imparato tutto, incluso l'amore per la London Mixture di Dunhill, il paradigma contro cui ogni mixture inglese andava misurato.
La London Mixture amata da Gregory Pease era quella ancora mescolata da Dunhill, prima che la produzione passasse  in Irlanda del Nord, da Murray's (allora famoso per l'Erinmore). Io a quei tempi non ero ancora molto attento a queste cose, ma penso di aver fumato solo quella nordirlandese. Poi la produzione è passata da Orlik, in Danimarca, con un nuovo grado di separazione dal modello.

Anni dopo, inseguendo la memoria della grande originaria miscela di Dunhill, Gregory Pease ne ha creata una sua: il Westminster.
Io da diversi anni non fumo più le miscele di Dunhill. Pprincipalmente perché quello che ho sentito della versione danese è, al minimo, poco incoraggiante. Non volendo rovinare bei ricordi mi sono dedicato ad altro.

La curiosità di vedere se quel che si dice dei nuovi Dunhill sia o meno veritiero, unito alla curiosità di fumare una versione di London che non ho mai assaggiato, mi hanno spinto ad acquistare sia una scatola di London mixture che una di Westminster GLP. Li ho fumati in tre pipe di shape diverso, una billiard (quadrata), una pot, una half-chimney. Il risultato della prova, in estrema sintesi è questo. I due tabacchi sono diversi quanto possono esserlo due English mixtures. Il taglio, il colore, la "grassezza".  Io non ci vedo punti di contatto. Nessuno potrebbe mai dire che si ispirano allo stesso modello originario, il che credo dica molto su quanto le case produttrici tengano alla coerenza qualitativa dei loro prodotti, man mano che le licenze passano di mano. Sono anche, entrambi, piuttosto diversi dalla London mixture che ricordo io, quella di Murray's. Che secondo me stava un po' in un punto medio tra i due. Ma qui entra in gioco la memoria, che altre volte mi ha dimostrato di saper giocare singolari scherzi.

Il Westminster secondo me è una miscela gloriosa. Favolosa. Grassa, grossa, affumicata, con una punta di dolcezza. Più che ricordarmi la mia vecchia London dell'età di mezzo, mi ha fatto intravedere qualche bagliore di parentela con altre miscele di GLP. Non so se la London delle origini fosse così. Ma se lo era, era davvero un tabacco degno di nota.

La London mixture di Orlik, è fumabile, sulla scala mediomild. Ha perso secondo me la grassezza affumicata della London che ricordo io (la London di Murray's mi sovviene come una miscela a base marcatamente turca e non molto latakia, ma quel poco era bello robusto) ma presa per conto suo, e non per quello che potrebbe o dovrebbe essere, non è sgradevole come purtroppo sono tante miscele inglesi rimpannucciate del giorno d'oggi. Forse mi è piaciuta un po' di più nella semichimney, dove riesce a condensarsi un po'. E' la terza Dunhill-Orlik che fumo, dopo Royal Yacht e Standard Mellow (già Mild). Hanno tutte una strana nota sullo sfondo, molto lontana (un po' meno lontana nel Royal Yacht) ma comune, che deve venire da qualche Virginia presente in tutte. Sono forse un po' sbiadite, e nel caso del Royal Yacht incredibilmente dissimili dagli originali, ma almeno non sono cattive. I risultati sono stati meno deludenti di quello che temevo. E forse prima o poi sarò pronto per affrontare il confronto con il nuovo 965, che temo devastante.




Le tre pipe che ho usato per il confronto. Una square panel (in funzione di billiard), una pot, una piccola chimney. Dall'alto:
Pipa 1: Dunhill EK F/T, Bruyere, Gruppo 4, 1967
Pipa 2: Dunhill R F/T, Bruyere, Gruppo 4, 1973
Pipa 3: B. Barling & Sons, Londoner, 415 T 

Note di assaggio:
17/6
Pipa 1, London Mixture: parte molto turco, molto morbido, si amarognola leggermente strada facendo prendendo note un po' erbacee che mi ricordano il turco Torben Dansk. Latakia sullo sfondo. Ogni tanto si intrasente una leggera "nota Dunhill" che ho sentito in tutti i tabacchi prodotti da Orlik. Non ho idea di cosa sia (sempre che ci sia effettivamente). Impressione comunque molto superiore alle aspettative.
Pipa 2, Westminster: nella pot la grossa cilindrata del Westminster si esalta. Non sembra uno stretto parente della London. C'è più Latakia, più dolcezza profonda di grandi Virginia. Orientali meno in evidenza. E' diverso ma anche notevolmente superiore da ogni punto di vista. Distraendomi e scrivendo scalda un po' e perde sapore... 
19/6
Pipa1, London Mixture: stavolta la partenza non mi è piaciuta. Migliora un po' dopo qualche minuto ma sento sempre quella strana "componente Dunhill", che non è piacevolissima. Non so se sia un qualche tipo di Virginia o qualche trattamento...  Nulla che abbia a che vedere col soapy, comunque.
20/6
Pipa 2, Westiminster: sempre grande e grosso nella pot. Buonissimo ma mi ricorda più altre miscele di GLP che non la vecchia London 
 23/6
Pipa 1, London Mixture: piacevole. Non grosso e muscoloso ma godibilissimo
Pipa 3, London Mixture:  funziona bene anche in chimney




mercoledì 3 luglio 2013

Corn Cob Forever

La Great Dane Spool, con banda nickel e "forever stem" semichurchwarden in metacrilato grigioperlato di Walker Briar Works.

Arriva l'estate. E insieme alla brezza di una finestra aperta, alla birra ghiacciata, all'insalata di pasta fredda, arriva a portare un po' di sollievo anche la pipa di pannocchia. Perché la pannocchia sia fresca, poi, non si sa. Ma resta il fatto che fumare in una pipa così è un po' come portare il panama. Ci si sente già ombreggiati ed arieggiati.
La pannocchia, per certi versi, ricorda nelle sue reazioni la pipa di schiuma.  Filtra, smorza, rende piacevoli anche tabacchi profumati che diversamente sarebbero troppo ostici. Il suo vero, grave difetto è il bocchino (e anche questo è un tratto comune con la schiuma). E' vero che i terminali in plastica di oggi, per quanto miserelli, sono molto più accettabili di quelli di qualche anno fa. Certo però sono la parte della pipa che ci si ritrova più spesso a disprezzare.
Non devo essere l'unico a pensarla così se uno dei più famosi riparatori americani si è messo a produrre per il mercato dei pannocchisti bocchini "custom" in ebanite e in metacrilato, tagliati a mano con tutti i crismi della qualità. A differenza delle pipe a cui siamo abituati, le corn cob prodotte da Missouri Meerschaum hanno due cannelli standard, assolutamente industrializzati: con e senza filtro. Adattandosi alle loro dimensioni, è possibile produrre separatamente dalla pipa un bocchino di qualsiasi foggia, lunghezza, colore. Quello di Walker Briar Works, il primo, si chiama "forever stem" perché una volta che ce l'hai, le pannocchiette potranno cambiare, rompersi, consumarsi. Ma lui sarà sempre lì, pronto a passare da pipa in pipa. Io, per cominciare, ne ho ordinato uno lungo, da 4 pollici abbondanti', semichurchwarden, in uno dei pochi colori disponibili al momento (un colpo di fortuna, perché mi sono subito innamorato del "Black Marble"). Già che c'ero ho preso anche una pipa, e l'ho preso nella versione modificata con ghiera nichelata. Considerato che potrei montare e smontare la pipa più spesso di quanto facessi prima, la cerchiatura metallica rinforzata potrebbe avere un' utilità.

Valeva la pena di spendere 24 dollari per la nuova imboccatura? Assolutamente sì. Il metacrilato non è il mio materiale preferito ma, considerato che deve essere forever, e che la pipa per il suo uso estivo potrebbe essere soggetta a luce violenta, spruzzi di acqua marina e di pistola a schizzo, aggressione della sabbia, della salsedine, dei gelati di passeggio... ho preferito il lucente (e per me un troppo vetroso) acrilico. La misura ne fa una pipa di uso meno sportivo ma in compenso più riposante. Questa semichurchwarden sembra trovarsi sempre nella posizione ideale sia a passeggio, col gomito riposato contro il fianco, che in poltrona. Veramente una misura azzecata.
E' un oggetto di pregevole fattura, di un bellissimo colore, con un buon dente e una buona lavorazione del passaggio fumo. Certo la sua piega non canta e il suo dente non lascia ammirati come quelli che avrebbe fatto Mauro Gilli.  Ma siamo comunque a un livello notevole, capace di trasformare la pannocchietta in una pipa di categoria completamente diversa. Da pipa usa e getta a pipa deperibile, sì, ma di bel portamento. Che non abbassa la testa di fronte alle cugine nate da un nobile pezzo di radica o da una nuvola di schiuma di mare.


La Great Dane Spool, modificata con la banda ma ancora col suo bocchino originale.



Il Forever Stem, del costo di $24 è un rispettabilissimo bocchino tagliato a mano, con un dente piuttosto ben fatto

Risolto anche il problema del filtro


il logo è un pallino d'ottone circondato da metacrilato