giovedì 22 ottobre 2015

Non avrai altra busta




L'unico e inimitabile Dunhill Rotator.  


Anche grazie  alla  pipa, io e mio padre abbiamo avuto molto tempo per parlare. Per un bel po’ di anni, ogni domenica, subito dopo pranzo, ci ritiravamo nel suo studio. Lui al  suo tavolo, io nella poltrona degli ospiti sotto il cavalletto. Tiravamo fuori le nostre pipe. Lui generalmente caricava la sua col mio tabacco, sapendo che fumavo bene e che poteva assaggiare qualcosa di interessante senza il rischio di buttare soldi e tempo, investendo nell’ignoto. Per il momento lo fumava. Poi, semmai, gliene avrei procurato dell’altro. Quasi mai parlavamo di noi. Si discuteva perlopiù di eventi storici piuttosto oscuri. Magari gli raccontavo di qualcosa che avevo letto ultimamente. Allora uscivano mappe, periodici in ungherese pieni di orecchie e di  post it segnalibro,  foto in bianco e nero, libri, vecchi diari… A volte la discussione procedeva incrementalmente, scavando per anelli concentrici la questione. Altre volte avevamo posizioni contrapposte: io più internazionalista, aperto alle ragioni della Corona Imperiale, austriacante, fondamentalmente labanzo; lui indipendentista senza compromessi, focosamente curuzzo. In uno di questi momenti, per fargli caricare la pipa tirai fuori dalla tasca della giacca un oggetto da poco, che mi ero appena procurato. Era una busta portatabacco in tela gommata giallognola. Un oggetto molto pratico, ripiegabile, che teneva al suo interno una quantità di tabacco rispettabile, senza ingombrare e senza farlo seccare. Costava molto poco, forse me l’avevano addirittura  regalato insieme a qualche acquisto massiccio di qualcosa. Nonostante la sua modesta, quasi misera, apparenza lo portavo nella tasca interna con la certezza di avere acquistato qualcosa di razionale, utile e ben fatto.
Mio padre, che il tabacco lo teneva perlopiù in vecchie scatole o buste ciancicate che ne avevano contenuti altri, e su cui c’era scritto a pennarello cosa contenevano adesso, lo prese in mano come si potrebbe prendere un calzino sporco appena uscito da uno scarpone. “Hai comprato quest’affare?”. Lo teneva per un angolo e, pendendo tra le sue dita, il mio portatabacco giallastro appariva  veramente disgustoso. Balbettai qualcosa cercando di trovare qualche giustificazione al mio comportamento.

“Adesso sei fregato”

La sentenza calò come una mazzata. Non solo la busta gommosa era stata condannata, ma avrebbe rappresentato una maledizione perenne che mi sarei trascinato dietro per sempre. Cercai di capire meglio quali fossero le caratteristiche malefiche di quella busta, che io evidentemente avevo trascurato totalmente, nella mia inesperienza. “Quante buste portatabacco puoi avere?” mi chiese, e lì cominciai a capire. Effettivamente, si possono avere decine di pipe, di scatole di tabacco. Ma la busta portatabacco, oggetto di utilità non proprio strettissima, è un piccolo accessorio personale, una minuscola gratificazione che si può scegliere o meno di concedersi, ma resta qualcosa di piuttosto intimo e unico. Anche quella busta gommosa lo era. I tabacchi che possono andarci dentro sono infiniti, la busta –maledizione- è una.  Aveva in faccia quel mezzo sorriso a presa per il culo che conoscevo così bene. “Una. E tu adesso hai questa. Non potrai mai averne una veramente bella”. Era molto meglio non avere niente che avere una busta come quella, ad occupare l’unico slot sensatamente concesso alla busta portatabacco. Provai a controbattere qualcosa, e non saprei dire cosa visto che la sua ragione era schiacciante.
Così cominciai a odiare la mia busta. Trovai persino che il tabacco lì dentro prendesse un sentore di piscio di gatto. Poco tempo dopo, grazie al cielo, la persi. E' difficile capire come si possa perdere onestamente e sinceramente una busta portatabacco. Comunque mi riuscì.

Memore della dura lezione, potendo grazie a un colpo di fortuna comprare di nuovo la mia prima, e per sempre unica, busta decisi che dovesse essere la più bella, la più morbida, la più sobria, ben fatta busta del mondo. Una che non solo funzionasse meglio di qualsiasi altra busta ma fosse una gioia per gli occhi e per le dita. Una busta che sarei stato sempre più felice di trarre dalla tasca anno dopo anno, invecchiando con lei. Quando l’esigenza è questa, non sono i pochi euro in più o in meno a contare, ma solo ed esclusivamente la soddisfazione che si trae dal proprio investimento.
Un minimo di ricerca e insistenti analisi dei principali negozi mi rivelarono quello che avrei dovuto sapere da prima. Non esiste al mondo una busta così semplicemente perfetta come la Dunhill rotator. Sulla sensatezza del prezzo di una pipa Dunhill si può discutere, ma quando si parla di pelletteria la differenza balza alle dita: è palpabile. Ci sono molte marche quasi altrettanto buone, ma sono sempre un micron troppo spesse, o troppo sottili, o troppo molli, o troppo coriacee.  Una busta Dunhill sta su quel confine sottilissimo dove la morbidezza produce brividi di piacere al contatto, celando però un po’ di nerbo e di consistenza. La rotator di tutte le buste Dunhill è la più geniale: si piega semplicemente in tre, senza zip né orrendi bottoncini. Pulita, essenziale, funzionale, bellissima: “sleek”, come direbbero gli inglesi. Il tabacco va nel tascone dietro ed emerge poco a poco nel taschino davanti, man mano che ti serve. Puoi portarne anche un buon 20 grammi, se devi stare via qualche giorno, sapendo che il tabacco resterà fresco sorprendentemente a lungo. A meno che tu la dimentichi mezza piena in un cassetto, farai sempre prima a finire la scorta che a seccarla.
Soprattutto è un piacere averla, usarla, persino pensarci.
La vita è una. La  busta anche. E’ stupido sprecare la propria unica occasione scegliendo in partenza la mediocrità.

(in realtà oggi di buste ne ho due, l'altra ingegneristicamente diversa la uso per  flake. E' piuttosto buona, quasi buona come la Rotator. Ma non è la Rotator)
 


martedì 6 ottobre 2015

Rav Benamozegh e le Dunhill

La gioia della microvariazione. Due Dunhill Red Bark LBS (Large Billiard Slender): una con vera argento (1973), l'altra (1972) trovata recentemente a Berlino da Der Pfeifelanden.  

Diceva Rav Benamozegh, Maestro livornese, che nella Torah si può trovare tutto. Il saggio troverà la saggezza, il poeta troverà la poesia, il matematico troverà la logica, lo spirituale troverà il trascendente, il materialista troverà le leggi dell'economia, il filosofo la filosofia. E anche lo stolto troverà nella Torah esattamente quello che cerca: un sacco di scempiaggini.

Recentemente mi sono reso conto che, molto più modestamente, qualcosa del genere è vero anche per le pipe di Alfred Dunhill. Sono pipe magnifiche e multiformi. Ma sono anche prismi potenti, attraverso i quali chi le possiede riflette verso il mondo qualcosa di se stesso, e che dalla sua Dunhill uscirà illuminato e amplificato.  Per qualcuno sarà il buon gusto, per qualcuno l'esperienza, per chi la cultura, l'intelligenza, la semplicità (l'importante è fumare bene), il razionalismo, l'opulenza, persino -chi l'avrebbe mai detto- l'anticonformismo. Tutto si può leggere in una Dunhill. Delle volte, anche la scempiaggine di cui l'ha riempita lo stolto.