martedì 17 novembre 2015

Due menti pericolose


Le due Ashton appena arrivate da Jim Craig 

Essere menti organizzate e ordinate ha certamente i suoi vantaggi. Talvolta anche non esserlo, però, dà le sue soddisfazioni
Tra le menti meno organizzate, da sempre, i pipemakers inglesi hanno un ruolo di rilievo. Ashton in particolare, fondata dal compianto Bill Taylor è sempre stata una pipa amabile per chi in un manufatto cerca anche l'impronta caratteriale e umana del creatore. Per chi, guardando una foratura o una sabbiatura può provare a indovinare lo stato d'animo, e magari talvolta anche la quantità di whisky che aveva bevuto quel giorno il suo autore.
Da quando Bill Taylor è morto (ma probabilmente anche da parecchio prima), le operazioni di Ashton sono condotte da Jim Craig. Questi cambi di mano sono sempre delicati. Al tempo in cui avvenne il cambio della guardia ci fu ampia discussione tra gli appassionati, che confrontavano le Ashton "Taylor" con le Ashton "Craig", armati del più grande scetticismo, con tutta la capacità di spaccare il capello di cui noi malati di questo oggetto siamo capaci.
Personalmente sono sempre stato dalla parte di Jim Craig, anche perché sapevo che molte delle Ashton che avevamo sempre incondizionatamente ammirato erano già fatte da lui. Possiedo diverse Ashton "Taylor" ma non ho mai avuto alcuna remora anche ad acquistare le "Craig", che mi hanno totalmente soddisfatto e, seppur in brevi scambi elettroepistolari, mi hanno fatto scoprire una persona di grande correttezza e competenza.
Da poco più di anno sono entratto in contatto con Jim Craig anche su Facebook. Lo vedo a pesca  in mari tropicali, indossare cappelli che invidio, fare scherzi piuttosto bizzarri e irripetibili a suo nipote. In breve ho capito che il sangue Ashton continua a non essere acqua, anche perché (sempre a giudicare dalle foto) frequentemente corroborato da gin tonic.
Non so se la conversazione che abbiamo avuto via chat quando gli ho ordinato queste pipe sia avvenuta in uno stato di particolare euforia per me, per lui o forse per entrambi. Fatto sta che avevo l'intenzione di ordinare una pipa simile a una che avevo già, una apple XX in finitura brindle. Però in un altro shape e con un cumberland di colore diverso. Qualche settimana dopo stavo pagando due pipe e  rileggendo la mia conversazione con Craig era francamente difficile capire che shape avessi ordinato. Nelle mie intenzioni, erano però due brindle con cumberland "nuvoloso" ma in due colori diversi, nessuno dei quali verde oliva (che avevo già). 
Aprendo il pacchetto ho invece scoperto di essere il fortunato possessore di due Pebble Grain (un grading leggermente più alto), sabbiate in modo spettacolare, commovente, esattamente dello shape che avevo ordinato (come ho accertato, decodificando alla fine la contorta chat), ma con lo stesso identico bocchino che già possiedo, e peraltro amo. Un tactical cumberland verde oliva, che richiama il mimetismo dei corazzati destinati a operare nelle piane e nelle foreste dell'Europa Centrale. Il vizio delle microvariazioni mi insegue, a dispetto della mia razionale intenzione di allontanarmene un po'.
La totale incapacità organizzativa, il disordine espositivo e il caso mi hanno regalato una sorpresa e un paio di pipe ancora più attraenti di quelle che avevo immaginato. Se qualcuno cercasse di separarmi da questa nuova coppia di Ashton da duello, il cui fornello emana il promettente odore d'olio che mi aspetto da ogni nuova Ashton, me ne difenderei con la violenza, se necessario a bottigliate.

venerdì 6 novembre 2015

Mezzogiorno di fuoco



La coppia di pot panel di Simone Gilli

Non riuscirò mai a diventare una persona ordinata. Tra le conseguenze negativo del caos in cui vivo, solo parzialmente moderato dalle intemperanze della mia signora e del miei colleghi, c'è perdere un po' tutto. Biglietti di concerti, d'aereo, presentazioni, una burriera di porcellana sparita dal frigorifero. Spesso, ahimé, anche pipe. Avevo una volta una pot panel Di Mauro Gilli. Una grande pipa. Mi accompagnò in numerosi viaggi riuscendo miracolosamente a sopravvivere. Poi, dopo una sera passata da un amico ben conosciuto nel nostro ambiente, non la trovai più. Dopo più di un anno dalla dipartita, ormai rassegnato all'idea che non sarebbe più saltata fuori dalle tasche di nessun cappotto né dagli anfratti di nessuna borsa, decisi di far uscire dal male un po' di bene.
Per riuscirci mi hanno aiutato due cose. La prima è stata la presa di coscienza che il cumberland blu e la testa nera della mia pot panel dispersa, per quanto belli, erano i colori di una delle squadre di football minori di Milano. Non so come non abbia realizzato questo fatto al momento in cui la ordinai. Non che la questione cromatica sia mai riuscita a creare una corrente di diffidenza tra me e la mia pipa. Ma, avendola persa, questo era certamente uno spazio per un ripensamento. 
L'altro spazio è nato dal mio amore per le microvariazioni. Non c'è niente di più bello che sperimentare tutte le possibilità di una cosa che si ama, godendo di quanto leggerissimi accenti, piccoli cambi di prospettiva, permettano di vedere tutto in un'ottica totalmente diversa. Entrare nel mondo del cambiamento microscopico apre di colpo un nuovo orizzonte, non meno infinito e affascinante dell'esplorazione negli spazi siderali. Ma secondo me -che nell'infinito vero sguazzo con un po' di angoscia- di ancora maggiore soddisfazione. 
Ho decine di esemplari delle mie pipe preferite. Di panel, di billiard, di chimney. Avevo scoperto la pot panel odinando una coppia di panel da Gilli, a cui mi è difficilissimo ordinare una pipa sola alla volta. Pensavo fosse una microvariazione della panel, ma quanto mi ero sbagliato!
Nella sua non brevissima vita al mio fianco, quella pot panel, con la sua testa bassa ma soprattutto spessa, in confronto al camino, ha rivelato di essere una pipa totalmente diversa nel carattere dalla panel vera e propria. Che è una pipa austera, di bellezza classica e modernista. La pot-panel è diversa come una pot lo è da una billiard. Ma la sua diversità è esaltata. Al quadrato.
E così, se prima avevo una sola pot panel e ora non ne avevo più nessuna, la cosa da fare era chiara. Ordinarne almeno due. L'idea di partenza era elementare: chiedere a Simone Gilli (che dopo un lungo apprendistato con lo zio oggi svolge autonomamente molto lavoro di purissima scuola Gilli) una replica perfetta (colore del cumberland a parte) della mia vecchia, e affiancarle una sorella simile ma diversa. La mia vecchia pot panel, infatti, è un po' diversa dalle ultime Gilli dello stesso shape. E' di collo un po' più sottile, di proporzioni leggerissimamente diverse. Avendo perso quella, ero certo di rivolere quella. Simone mi ha rapidamente convinto del contrario. Rifare il vecchio modello era assolutamente possibile, ma la nuova per una lunga serie di ragioni era decisamente più bella. Ci avevano lavorato parecchio e questa era la loro conclusione. I Gilli non parlano maiu a casaccio e se una cosa è migliore per Mauro e Simone è molto probabile che lo sia anche per me, se non alla prima quantomeno a una seconda più attenta analisi. Mentre le parole di Simone fluivano dalla cornetta, in una di quelle telefonate che amo prolungare talvolta oziosamente, la mia certezza iniziale si squagliò inesorabilmente e ordinai due "nuove" pot-panel  in versione contemporanea. Il risultato è lì da vedere. Per la nera (o meglio marrone scura) ho ordinato un cumberland un po' più notturno del classico rosso. Per la color tanshell, dopo diverso tempo, sono tornato alla semplice inarrivabile bellezza della migliore ebanite nera che il denaro possa comprare.
Un'altra coppia di pipe. Un'altra coppia da duello per la quale mi sono fatto anche fare un cofanetto, ricavato da una vecchia scatola di Partagas 8-9-8. Entrambe curate a olio. Entrambe pronte a sparare il loro colpo migliore. Ogni volta che faccio saltare il moschettone del cofanetto mi ammirano entrambe incastonate in seta azzurra. Quale farà fuoco per prima?
Quasi mai lo so in anticipo. Ogni volta è un breve momento di suspence, che mi ricompensa mille e mille volte per i danni causati dallla mia incorreggibile fesseria.