mercoledì 26 novembre 2014

Una panel che canta

Forse la square panel più bella del mondo. La mia. Fatta da Chris Asteriou.


Di che materia è fatto un grande pipemaker? Per un terzo è fatto di cultura. Non la cultura dei professori (per quanto anche quella non faccia male). Ma la piccola cultura del suo lavoro e del suo mondo. Una lunga storia di marche, di shape, di varianti, di stili, di mode, di idee a volte geniali e a volte fallimentari, di cataloghi, di personaggi, di avventure. Un corpo di conoscenza viva, sudata, toccata: quella che ti dà un linguaggio comune con altri appassionati, che ti permette di capire e apprezzare quanto grande (o quanto terribile) è quello che è stato fatto prima di te. E magari, un giorno, ti permetterà anche di inventare qualcosa di nuovo, un tocco infinitesimale che ancora nessuno aveva dato prima e che farà di una pipa la tua pipa. Sì, perché il secondo terzo di un grande pipemaker è fatto di inventiva, della voglia di lasciare un segno, piccolo o grande che sia. Del desiderio di rielaborare quello che conosce e finalmente, un giorno, usarlo per creare qualcosa che prima non c'era. Quella scintilla che scocca dal profondo di qualcosa di vero. E che non potrà mai nascere dall'ignoranza, dalla superficialità, dal pressapochismo o dalla serialità bovina.
Il terzo terzo è quello che divide l'archivista dal primo violino solista. Puoi avere dentro tutto, ma non diventerà mai nulla se il buon Dio non ti ha dato anche la mano che serve per trasformare un'idea in un pezzo di legno e di ebanite capace di cantare.
Non è solo un problema di note giuste, di decimi di millimetri, di un buco dritto o storto. Una grande pipa è una armonia delicata. Ce ne sono di quasi belle, che guardi da sopra, da sotto, sembrano fatte anche bene. Eppure non cantano. Sono come belle campane di bronzo lustre, belle incise tutte intorno. Ma che suonano disperatamente fesse. Forse, con uno strumento tecnologico appropriato, si può anche capire da quale difetto interiore viene la ottusa fessaggine di quello strumento nato morto. Ma non è la cosa importante. Quello che conta è che ci sono pipe nate da un uomo (o talvolta una donna) che aveva la cultura, lo spirito e la mano per arrivare al cuore. Suonano argentine come un diapason. Sono qualcosa di più di una pipa che non ha difetti grossolani visibili. Sono capaci di dare una piccola emozione. 

Ed è lì, a quel canto, a quella piccola emozione, che chi taglia radica, qualunque sia lo strumento che usa, dovrebbe voler arrivare.

Ogni grande creatore di pipe è fatto di questi tre terzi. Ma non tutti li hanno distribuiti nelle stesse proporzioni. Per qualcuno predomina l'inventiva visionaria, altri stupiscono di più per la meraviglia della loro mano. Quando  scopri Chris (non mi avventuro nella traslitterazione del suo vero nome greco) Asteriou, l'impressione che nasce è che le tre doti siano state distribuite con un equilibrio aureo, classico. Lo incontrai per la prima volta diverso tempo fa, sfogliando il blog di Neil Archer: A passion for pipes.








Asteriou a quei tempi era un pipemaker ancora semisconosciuto al "grande pubblico" del minuscolo mondo della pipa d'autore. Lessi e rilessi l'articolo di Archer, rivivendo attraverso le sue parole il piacere che avevo provato altre volte parlando con artigiani che conoscono e che amano la pipa e che sanno muoversi perfettamente attraverso le pagine della sua storia. Quelli che non aspettano da te un progettino ma uno stimolo, un canovaccio da fare proprio e su cui cantare la propria musica.

Scoprii che Asteriou era un architetto. Ma anche che inseguendo la sua altra passione, aveva lavorato piuttosto a lungo a Roma, nel negozio di Musicò, un luogo centrale di cultura piparia. Ormai irrimediabilmente catturato al magnetismo del greco, scoprii scorrendo le sue pagine che Asteriou collezionava vecchie pipe. E dalle pipe dannatamente interessanti che raccoglieva (a volte vecchie varianti oscure di shape classici), la invidia che provavo per la incredibile lovat di Asteriou che continuava ad occhieggiarmi dal blog di Archer si estese alla collezione di pipe di Asteriou medesimo, al suo gusto raffinatissimo e alla sua abilità nel trovare nascoste chissà dove simili piccole perle di valore storico ed estetico, che raccontavano la storia meno nota di marchi come Comoy's e GBD.






Roso da desiderio e appunto dall'invidia decisi di affidare ad Asteriou un compito che non avevo ancora mai affidato a nessuno. Il sesto grado della pipa su commissione. Il trillo del diavolo del solista pipemaker. Lo shape che da sempre amo di più, la pipa che più ho invidiato a mio padre, quella di cui parlo sempre ma che mai prima avevo osato farmi realizzare, temendo il fallimento.

Molte sono le square panel. Pochissime quelle che passano l'esame. Quando ne trovo ne compro anche di imperfette. Amo le microvariazioni e anche una panel che suona un po' fessa, delle volte, per me può avere un significato. Però un conto è vedere e decidere, dare una casa al brutto anatroccolo conoscendo i suoi limiti, un conto è attendere con ansia il risultato di un lavoro su commissione e uscirne magari delusi, con le prprie aspettative infrante. Questo non ero mai stato capace di farlo ma con incoscienza mista a malvagità decisi di parlarne con Asteriou.

I colloqui via mail che ebbi con lui sono una delle esperienze più piacevoli della mia vita con le pipe. Come in una partita a tennis con una controparte abile, preparata ed elastica, la pipa cominciò a prendere forma, messaggio dopo messaggio. Io avevo i miei punti fermi, quei dettagli che guardo e che separano, per me, la grande panel da quella cosicosì. Quelle linee che devono essere continue, e quello no. Per rendere le cose ancora più difficili e pericolose, avevo il desiderio di una panel non ovvia, che non fosse la copia di qualche pipa famosa. Ma una panel nuova, una panel di Asteriou, slenderizzata, sottilmene modernizzata. Avevo anche qualche idea un po' balorda che Asteriou limò via subito, con colpi decisi.








Penso che fosse tarda primavera di un paio d'anni fa quando la panel si disegnò definitivamente con le parole e rimanemmo d'accordo che l'avrei ricevuta in settembre.  Così almeno mi pare perché ho l'impressione di averla visualizzata per un lungo mese di agosto, prima di vederla arrivare in un pacchetto marrone.

Era la prima panel di Asteriou, la mia prima panel commissionata. Ed era oltre ogni mia ragionevole o irragionevole speranza. Non era solo una panel che cantava. Era la Maria Callas delle panel.

L'ho postata su diversi gruppi italiani e intarnazionali  e qualcuno ha avuto addirittura la gentilezza di definirla la pipa più bella del mondo. Non so se lo sia. Ma penso che vedendola in queste foto la sentiate cantare anche voi.


giovedì 20 novembre 2014

Fresca Fresca


25 settembre 2014. La originale Azzipanel di Antonio Azzinnari si unisce alla scuderia delle mie pipe.
E' nata la panel brucianaso.


Quando mio padre guardava il disegno di qualche illustratore che secondo lui avrebbe fatto meglio a fare altro, gli si disegnava una piega di disappunto sulla bocca, sfregava i pollici contro gli indici e diceva: "è sudato... si sente la fatica..."
Ai tempi in cui i layout si facevano ancora col pennarello, in agenzia, cercavamo sempre quei pochi, bravi visualizer che erano capaci di disegnare uno storyboard o un bozzetto di getto, con facilità. Volevamo un layout "fresco". E glielo raccomandavamo: "mi raccomando, fallo fresco".
Non è che tutti quei ragazzi che si davano da fare col Pantone, cercando di raccontare visiviamente le nostre storielle di tonni, auto e acque minerali, fossero dei novelli michelangioli. Alcuni erano fumettisti che non avevano sfondato, altri illustratori che arrotondavano, qualcuno faceva anche il pittore (già questo termine non andava più di moda, ma a me piaceva contrariarli continuando a chiamarli così). Erano artigiani. Ma anche in un campo minore, senza bisogno di arrivare alle vette dell'Arte con la maiuscola, esiste qualcosa chiamata "talento". Nessuno può fare a meno del duro lavoro di imparare. Nessuno può saltare la fase in cui le basi tecniche del prorio lavoro vengono martellate ferocemente al loro posto, con dolore e anche con cattiveria da qualche istruttore spietato. Ma per qualcuno la fatica e il sudore rimarranno una dannazione che continuerà in eterno a gocciolare sulla carta rendendo impercettibilmente sgradevole (almeno, a chi ha occhi per vederlo) il risultato di qualsiasi sforzo. Qualcuno, invece, ha il dono di estrarre dal sudore la freschezza. A un certo punto comincia a succedere, oppure non succederà mai più.
E' per questo che a un certo punto della mia vita ho messo in soffitta il sax tenore. Non solo perché vivevo in uno slum dove minacciavano di farmi la pelle. Ma anche perché, per quanto mi ci dannassi, il maledetto trombone non voleva smettere di rimanere sudaticcio.
Quando ho visto le prime pipe di Antonio Azzinnari su Facebook, ho riso molto. Non so bene cosa Antonio faccia nella vita. Ma ha avuto il coraggio o l'incoscienza di raccontare in diretta il suo cammino di pipemaker-hobbysta sin dal primo ciocco storpiato. I primi passi di tutti i pipemaker sono quasi sempre indistinguibilmente micidiali. Non è facile capire se dietro l'obbrobrio del momento ci sia qualcuno che sta facendo i suoi conti, e che ritiene si guadagni di più a vendere pipe che posate da insalata, se ci sia un fumatore appassionato che cerca di saltare il fosso e capire lo strumento che ama passando dall'altro lato della lima, o se ci sia (come immagino fosse il caso di Azzinnari) un uomo dentro cui, ancora acerba, urla una specie di necessità espressiva, che prende forma attraverso il legno. Una materia che per qualche ragione a me ignota, lui conosce.
Per quanto conoscesse il legno, era evidente che Azzinnari non conosceva le pipe. Le sue primissime creazioni freehand erano di una mostruosità talmente eccessiva che, a posteriori, ci si può persino leggere quella scintilla di passione furibonda che poi l'ha portato avanti. E siccome davanti a una tastiera e a un monitor siamo tutti bravi, in fatto di cattiveria gli fu risparmiato ben poco. 
Azzinnari ha incassato tutto. Invece di spezzarsi si è temprato. Strada facendo ha pure avuto la fortuna di restaurare un immenso parco pipe, e per giunta di notevole bellezza. Una scuderia di purosangue che, probabilmente, ha parlato ai suoi occhi e alle sue dita, meglio di qualsiasi discussione teorica. A un certo punto abbiamo tutti smesso di ridere, perché Azzinnari stava cominciando a sfornare delle pipe che, anche se ancora non mature, e talvolta tutt'altro che perfette, cominciavano ad essere interessanti, cominciavano ad avere personalità. Discuteva volentieri dei "difetti" veri o presunti delle sue pipe, poi faceva di testa sua (come deve essere).  Non è che tutto fosse bello, ma tutto era inconfondibilmente suo e certe cose (per esempio la rusticatura, per esempio un taglio piuttosto vigoroso e maschio comune alle sue pipe) cominciavano a diventare stile, ovvero quella cosa che chi suda non potrà avere mai.
Un giorno sfornò una pipa rusticata, con una rusticatura così vigorosa e cattiva che mi fece dire: "fanculo, la prendo". Era già venduta, ma il diaframma era rotto.
Poi Azzinari ha inventato l'Azzipanel. Ha preso due idee che circolavano, la brucianaso (che da anni imperversa in mille versioni, più o meno riuscite) e la panel, un mio vecchio pallino, forse la forma che amo di più, e ne ha fatto una pipa sua, teoricamente assurda, non certo un modello di bellezza classica, ma una pipa assolutamente nuova e con un certo fascino. Una pipa che si può amare od odiare. Ma che è, su questo non ci sono dubbi, una pipa "fresca". C'è dietro un sacco di fatica eppure la pipa sembra che si sia fatta da sola, con naturalezza.
Stavolta l'ho presa al volo, e con me molti altri. Azzinnari ne sta facendo un genere: normale, chimney, semicurva, più tozza, meno tozza. Come la fai, funziona (perlomeno per chi, come me, con le pipe ama anche divertirsi). E' il segreto delle buone idee: fanno sempre nascere altre idee. E in più le sue pipe, come stiamo scoprendo, sono anche molto buone. Sono fatte (come del resto tutte le pipe serie) con la migliore radica che il denaro possa comprare. In questo caso, ottima radica calabrese.

Altre panel brucianaso verranno e auguro ad Azzinnari di non aversene a male. L'imitazione è sempre la migliore forma di adulazione. Avere inventato una pipa di successo, una capostipite di genere, è una grande tappa nella vita di ogni pipemaker. Farla agli albori della propria carriera non è una cosa da poco.