martedì 25 giugno 2013

Ma quanti anni di Perfection mi sono perso?




Il Samuel Gawith Perfection, com'è fuori, com'è dentro. Com'è da fumare purtroppo non riesco a mostrarlo con la stessa efficacia.

Dopo aver acquistato gli ultimi plug di Samuel Gawith mi sto convincendo che alla antica, tradizionale, artigianale, immutabile manifattura di Kendal, abbiano un rapporto abbastanza poco scientifico con gli aromi che immettono nelle loro miscele. Forse mediato da qualche bicchierino di scotch.
Ho assaggiato la stessa miscela in versioni aromatizzate leggerissime e violente. Una volta è persino capitato che un amico mi riferisse, certo di quel che sosteneva, di aver comprato dello Skiff che inequivocabilmente sapeva di vaniglia (l'aroma che si suppone dovrebbe invece andare a dosi omeopatiche nel Perfection).
Può essere che sia una convinzione sbagliata. Ma in questo caso è la mia memoria gustativa che gioca scherzi stranissimi. Il Perfection l'avevo assaggiato molti anni fa e non l'ho più ripreso perché l'idea di una English mixture anche piuttosto robusta, irrorata di vaniglia con l'annaffiatoio mi lascia molto perplesso. Da quella scatola si è formato uno dei miei dogmi in fatto di tabacco: la vaniglia e il latakia, insieme, sono abominio. Io me la ricordavo così.
Recentemente, chiacchierando con qualche nuovo amico conosciuto grazie al mio hobby, mi è stato assicurato che invece no. Il Perfection di vaniglia ne ha soltanto un'ombra e che anzi, se non ci stai proprio attento, non indovineresti mai che c'è. E quell'ombra oltretutto ci sta benissimo.
Passando dalla dogmatica alla dialettica, ho deciso di acquistare un'altra scatoletta di Perfection che ho fumato principalmente quest'inverno. Un po' in casa, un po' passeggiando, un po' in una canadese di Gilli, un po' in una square panel di Gilli, un po' in una square pot di Gilli...
E' un tabacco sorprendente. Prima di tutto è la English Mixture Medium che manca nel catalogo di Samuel Gawith (almeno per chi, come me, è stato alla larga dal Perfection). Secondariamente, è davvero una gran buona English Mixture Medium. Rotonda, sostenuta da bei virginia scuri, con un fondo dolce-naturale e col latakia che non ti taglia la lingua ma viaggia accompagnato, sostenuto, riempito di sostanza dai virginia robusti di cui sopra.
E la vaniglia? E' bello sapere che c'è, ma è difficilissima da identificare. Svolge un suo lavoro omeopatico, dietro le quinte, quasi inafferabbile. Proprio come dovrebbe essere.
Non come la ricordavo. Che colpevole sia la mia memoria, le mie papile forse acerbe di molti anni fa, oppure un bicchierino di scotch gustato da qualche addetto kendallaro, resta il fatto che un errore di valutazione di qualcuno, ossificatosi in dogma. mi ha fatto perdere almeno una dozzina d'anni di una english mixture più gustose che si possano provare.



giovedì 20 giugno 2013

Due square panel

Sopra: Savinelli Giubileo d'Oro Straight Grain Fiammata * 502 con bocchino originale "Hand Cut" di Mauro Gilli (18 x  45) e piccola vera oro; sotto: Ashton Old Church XXX 1998 (19 x 54)



Qualcuno le ama, qualcuno le odia. Per me le square panel sono amore puro. Gira e rigira, anche negli shape più strani (ad esempio una Ropp Merisier) finisco sempre a trovarmi per le mani una panel.
Sono due grandi pipe, appena laterali rispetto al centro del mondo della panel, che per me è rappresentato da Dunhill e dal suo profeta italiano Mauro Gilli.
Per chi sa leggere una stampigliatura, c'è un po' di Gilli anche nella panel Giubileo. Era una fiammata. Una di quelle Savinelli speciali che in anni un po' più lungimiranti di questi, la casa milanese mandava da Gill, per corredarle di un bocchino all'altezza. Quello che dai loro prestampati non sarebbe uscito mai. Inutile dire che il risultato è il solito capolavoro, accoppiato a una pipa di singolare bellezza, che porta inciso sul bocchino quell' "hand cut" che significa Gilli, ancora prima di gettare l'occhio sul dente inconfondibile dell'imboccatura.

La Ashton invece è una panel un po' oltre i miei confini tradizionali. La panel mi piace media, se non mediopiccola. Crescendo con le dimensioni cresce anche col peso in modo esagerato, e trovo perda di grazia. Ma ho voluto averla perché questa era la Panel ideale di Bill Ashton Taylor ed essendo una Old Church si può essere quasi certi che sia uscita proprio dalle sue mani. Al vecchio Bill, educato alla temperanza da una vita sui banchi di Dunhill, la fuoriscita e la fondazione di un proprio marchio aveva dato una carica di vitalità e una vena di follia. Aggiungiamo che le sue prime pipe erano molto indirizzate al mercato americano ed è facile capire come molti dei suoi pezzi e il centro della sua produzione fossero intorno alle forme robuste, talvolta follemente enormi (anche se non in questo caso).
Questa è una panel che per me è già troppo grossa, ma era la panel giusta per Bill Taylor. E la panel era una delle sue forme-simbolo. Questa Old Church XXX porta sulla pelle la sabbiatura su cui aveva lavorato incessamentemente fino a trovare la formula di una superficie "craggy " e tagliente, persino sull'occhio di pernice. 
A tenerla in mano ci si pungono le dita. E così deve essere. Una panel così, se ami le panel, non puoi non averla.

martedì 18 giugno 2013

Trinciato Italia. Il Cairo italiano?

Qualche mese fa sono andato da Noli e ho trovato Max che fumava con gusto una carica di Italia. Io lo avevo provato, qualche tempo prima ma non mi era rimasto molto da ricordare. "Guarda, è buonissimo" mi ha detto "non sarà proprio il Cairo, però... non è nemmeno così lontano". Prenderne una seconda busta e provare a sfidare i miei pregiudizi diventava inevitabile.

Ne parlano sempre tutti abbastanza male. Ma qualche temnpo fa, tentato da Max, ho deciso lo stesso di rischiarmela e di prendere una seconda busta, dopo quella che avevo provato più di un anno fa (e che non mi ha lasciato nessun ricordo né in bene, né in male). L'ho messo nella busta portatabacco da passeggio e ho lasciato svaporare un po' il rum fantasia, come suggerito un po' da tutti.

La composizione dell'Italia non è malvagia e, pur con qualche macroscopica differenza, potrebbe persino essere imparentata con l'immortale capolavoro di GLP citato un po' per scherzo (ma un po' anche no) dall'appassionato tentatore. E', sostanziamelmente, una english mixture abbastanza chiara e mild ma senza latakia e con una robusta ma passeggera aromatizzazione alcoolica.

A parte la curiosità di mettere alla prova la sparata, l'Italia mi serviva per una pipa che stentava un po' ad avviarsi e che con altri tabacchi mi dava fumate a volte buone, a volte acide. Beh con l'Italia
mi sono trovato bene. Non trovo affatto che sia male e anche la mia pipa bizzosa l'ha incassato piuttosto bene. E' una specie di Cairo economico? Forse messa così è un po' azzardata... ma gli orientali si sentono, non sono disturbato da note acide-amare di kentucky, il Virginia che c'è dentro senza fare faville lega tutto piuttosto bene. Il tutto è piuttosto gradevole per una fumata disimpeganta a mani in tasca. Anche più gradevole di tabacchi migliori ma che richiedono il loro momento. A volerlo pasticciare un po' (tentando di avvicinarlo all'inavvicinabile pietra di paragone), all'Italia si può aggiungere un po' di orientale. Se è di quello buono, il salto di qualità diventa notevole, quasi al punto di rendere il disimpegnato tabacco di casa nostra adatto alla grande fumata serale, quella meditativa, che non può e non deve fallire.

Io una provata gliela darei. Se proprio bisogna fumar qualcosa di già pronto, facile da procurarsi e con un occhio al budget, non mi sembra un'opzione malvagia. Anzi...

sabato 15 giugno 2013

Virginia Mix no.1




Virginia Poul Olsen no. 5 (lemon). 45%
Virginia Poul Olsen no. 3 (brown) 45%
Virgina Poul Olsen no. 30 (dark) 5%

Ho mescolato alcuni dei Virginia sciolti comprati da Dubini con l'idea di fare un pre-mix di virginia, che abbia abbastanza ricchezza e interesse di suo, per poi mescolargli orientali, latakia o altro.
Sfortunatamente ho avuto la cattiva idea di metterlo in un mini-sacchetto da alimenti per freezer, per separarlo dagli altri virginia del bormiolone. Immagino (o spero) che la violenta nota amara che questa miscela mi offre a un paio di mesi dalla sua miscelazione sia dovuta alla traspirazione della plastica. Non so spiegarmelo altrimenti avendo fumato i componenti uno a uno, e non avendo trovato nulla di nemmeno vagamente amaro. Da riprovare dopo rifacimento e soggiorno in bormiolino. Per ora, failure assoluta.


Test:

Rinaldo mini boccetta: pipa troppo piccola, la miscela fatica a sviluppare i suoi aromi. Fondo amaro molto in evidenza.

15/6/13 -Safferling flp: amaro stemperato, buona combustione, emerge un tono di caramello, che lascia il posto all'amaro violento da metà fornello in poi.

16/6/13 - Corn Cob pony express: amaro

16/6/13 - Dunhill Shell prince Gruppo 2: lo fumo con lentezza estrema, esasperante, come fosse nitroglicerina. Per la prima volta non esce nessun amaro ma una dolcezza quasi incredibile. È un tabacco che tende a infiammarsi con facilità e violenza e forse ieri avevo la bocca un po' infiammata?

20/6/13 - Corn Cob Great Dane: caricato bello pressato, forse un po' asciugato, mi sembra avvicinarsi un po' di più a quello che dovrebbe essere, comunque senza entusiasmare. 

21/6 - Safferling Flp: lo presso molto. Esce insulso, insapore. 
21/6 - In fondo alla busta mi è rimasta qualche carica. Aggiungo circa un terzo di Orient Spezialitat Torben Dansk e lo fumo in una piccola Dunhill  Shell gruppo 2. Così mi piace veramente molto. Di questo ne rifaccio.




mercoledì 12 giugno 2013

Due pipette da plug



Due piacevoli pipette da plug, simili nella capacità, per ogni altro verso totalmente agli antipodi: Dunhill Bruyere Gruppo 1 quaint, una billiard slender (145 x 38mm); Missouri Meerschaum Pony Express (125 x 45mm), più o meno una lovat. Entrambe caricano grosso modo un grammo e mezzo di tabacco.


"Un bicchiere di limpida birra chiara intorno a mezzogiorno restituisce, per così dire, l'equilibrio spirituale all'ungherese di tendenza meditativa" [Márai Sándor]


Durante la recente primavera perduta, trascorsa quasi ininterrottamente sotto l'acqua, a temperature novembrine, si è espansa in me una voglia d'estate e di sole  che non ricordavo di avere mai provato prima. Non potendo fare molto per influenzare i capricci dell'atmosfera, ho finito per riversare questa tensione sulle pipe. Ho cominciato a procurarmi, con largo anticipo rispetto al solito, i tabacchi più adatti alla bella stagione. E, già che c'ero, anche qualche pipa nuova per fumarceli.
Due di queste pipe sono l'oggetto di questo post. Opposte in tutto, una dandy, l'altra rurale, una ossessivamente curata nel dettaglio e nei materiali, l'altra montata in catena di montaggio da un torsolo di pannocchia sforacchiata. Una costosissima, l'altra ai limiti dell'usa e getta. Una Dunhill, l'altra Missouri Meerschaum. In comune hanno il fatto di caricare entrambe, grosso modo, un grammo e mezzo di tabacco. Quel che occorre per una fumata breve, disimpegnata, a mani in tasca. Le ho prese pensando di fumarci RB plug, un tabacco a base di virginia molto scuriti dalla pressione e dal calore, profumato di rosa e di geranio e venduto sottoforma di una grossa tavoletta da tagliare, sminuzzare o affettare nella pipa come meglio si crede. Tabacco da evasione di qualità, che brucia lentamente e che richiede la pipa piccola come tutti i pressati di cui parlo in questa serie di post.
Oggi, approfittando finalmente di un bel sole, mi sono accomodato sotto il tendone di un bar, in un allargamento di Via Torino e ho passato l'intervallo di pranzo a fare una prova comparata delle mie diversissime pipe già ben avviate, nuove ma ormai fuori dalla loro fase iniziale. Non le ho caricate con l'RB plug ma con un altro Virginia in ribbon dalle caratteristiche in qualche modo simili, il Mc Connell Red Virginia.
Prima ho fumato la Dunhill. Buona, come una Dunhill deve essere, meravigliosa da tenere in bocca. Già stringere quel dente perfetto è un godimento. La Dunhill ha fumato in scioltezza, con le pareti fredde e cominciato leggermente a scaldare sotto solo quando la carica era ormai finita. Fumando in tutto relax sono arrivato al fondo in 40 minuti. Ho svuotato. Non c'era praticamente nulla, se non qualche puntino nero. Forse la brezza si era portata via la cenere leggera o forse il tabacco si era smaterializzato anziché fumarsi... chissà.
Ho attaccato la Missuri Meerschaum nello stesso, pieno, relax olimpico. La pipetta americana offre ovviamente sensazioni del tutto diverse. Tra i denti non è sgradevole e molle come quelle del passato. La plastica è migliore, la forma anche. Certo non è ebanite tedesca tagliata a mano ma tutto sommato si può fumare con piacere. La pipa esternamente mi ha dato la sensazione di scaldare un po' di più. Il tiraggio è molto aperto e occorre frenare un po' la propria voracità, più che con la Dunhill, che pare regolata sul tiraggio perfetto di un fumatore ideale. Ma è una sfida godibile e niente affatto impegnativa, un po' come succede quando dalla canna da pesca in carbonio si torna per un giorno a quella in bambù. La Missouri Meerschaum comunque, con la stessa calma e lo stesso relax di prima, ha fumato per 15-20 minuti. Tempo sorprendentemente breve, considerata l'identica quantita di tabacco. Ma non per questo affrettato.
Com'è il sapore in due pipe così differenti in tutto, anche nei tempi cronometrici?
Ovviamente, diverso. Messa a confronto la Dunhill sembra esaltare i colori più ombrosi del Virginia, i toni bassi. E' una piccolissima pipa che non pesa venti grammi ma come certe cuffiette megabass tira fuori vibrazioni insospettabili. La Missouri Meerschaum canta da soprano. Il pezzo è sempre lo stesso ma le note acute sono più evidenti, c'è una punta acidula appena accennata, che forse viene dal tutolo e che richiama l'idea di una limonata fredda in una brocca di vetro, opaca di condensa. E' una pipa rinfrescante, persino se fuma un po' più calda.

Non le ho messe a confronto per capire quale preferisco. In queste cose sono onnivoro. Le ho confrontate più che altro per comprendere meglio perché mi piacciono entrambe. Sono agli estremi opposti delle spettro economico e strutturale, ma entrambe vicine al mio cuore.
Avendo ritrovato grazie alle mie  pipe e forse anche alla birra chiara il mio equilibrio spirituale, chiudo le considerazioni degustative con un freddo calcolo economico e offro a chi non si è ancora convinto della sensatezza dell'acquisto di una Dunhill un pretesto spero efficace per rompere gli indugi: la pipa da 330 euro fa durare il tabacco il triplo della pipa da 9 euro. Considerato che una scatola di Samuel Gawith costa circa 20 euro, il costo di esercizio con la Dunhill è 90 centesimi l'ora mentre con la Missouri Meerschaum che ha consumi più americani, sale a 2,7 euro l'ora. Ogni ora di fumo la Dunhill consente di risparmiare 1,8 euro. Il suo oculato proprietario in circa 180 ore di fumo avrà ammortizzato il maggior investimento. Se la vostra prima preoccupazione è il risparmio, quindi, comprate la Dunhill.

Io, a costo di passare per dissipatore, preferisco averle entrambe...

Simile la foratura molto stretta: 15mm per la Missouri Meerschaum, 16mm per la Dunhill Gruppo 1

Buona estate


Mc Connell Red Virginia e Charatan Belvedere "The Ton". Una pipa dalle notevoli capacità di caricamento (25 mm di foratura per 35mm di profonditò del fornello portano, per come carico io, tra 4,5 e 5 gr di tabacco).

Benché la pipa abbia le sue logiche (alcune delle quali ci divertiamo a inventare), come tutte le passioni lascia anche notevole spazio alla follia.
Spesso ci ripetiamo che l'estate è la stagione delle pipe piccole, leggere. Quando viene l'estate rispolveriamo le nostre piccole schiume, tiriamo fuori dal cassetto le pannocchiette. Cerchiamo pipe che respirano, che danno un'idea di freschezza. Le Castello Natural Vergin, le Savinelli Corallo. Pipe d'argilla bianca, pipe col bocchino bianco... O almeno le cerco io.
Nonostante questo innegabile movimento migratorio verso la pipetta che col suo solo aspetto rinfresca come una finestra aperta nella brezza marina, poche pipe mi riportano all'idea di estate quanto quella specie di ceppo scuro e lucido ritratto nella foto sopra.
E' una specie di secchiello di radica dalle sorprendenti capacità di caricamento, prodotto da Charatan durante il periodo Lane. Una Belvedere, pipa rossa dai toni che richiamano più il caminetto che l'ombrellone. Eppure per me l'imprinting di questa pipa è stato una terrazza di Monterosso, con un venticello leggero, le tende a strisce pigre e 5 grammi di Celtic Talisman che spargevano intorno il loro incredibile, irragionevole, profumo di ciliegia. Un tabacco comprato con circospezione, per curiosità scientifica. L'avrei lanciato dalla finestra in qualsiasi altra stagione. Ma nel venticello marino e nel fornellone della Charatan che avevo appena comprato (e che roso dalla curiosità avevo irresponsabilmente abbinato) questa piccola follia d'estate è diventata un'abitudine e un piacere che ho continuato a ricercare, finché il Celtic Talisman è finito.
Se c'è una stagione in cui un aromatizzato, per matto che sia, si può fumare, quella è l'estate. E nessuna pipa lo renderà piacevole come quella con un grande vaso, in cui i profumi si espandono e si arieggiano. C'è un po' di metodo anche nella follia?
Forse si. O almeno così sostiene la pipa che forse più  di ogni altra, quando esce dal suo letargo tristagionale, mi dice che è arrivata l'estate.

martedì 11 giugno 2013

Effetto Meerschaum

La mia pannocchietta. Sta supplendo in modo più che degno all'assenza della piccola schiuma che mi arriverà a giorni, customizzata da Mauro Gilli.


A parte la prima terribile pipa che comprai ad Amsterdam durante un viaggio con amici e che un po' per il filtro da 9mm, un po' per lo shape a pallina semicurva, un po' per la verniciatura, un po' perché il primo commento di mio padre me l'aveva  fatta odiare... la prima pipa mia, quella in cui ho cominciato per davvero a fumare da studente, è stata una pannocchietta.
Retrospettivamente, la considero una scelta oculata. Soldi da spendere in pipe decenti, comunque, non ne avevo. I pochi spiccioli che mi giravano in tasca finivano semmai in tabacchi. Fortunatamente a Codogno, il paesone della Bassa dove mi ero autoconfinato in un convitto statale per studenti di Scienze Agrarie (sa quei tempi sotto l'influsso di Cochi e Renato, sognavo di diventare sia poeta che contadino), c'era una bella tabaccheria sul Corso (se così vogliamo chiamarlo). Frequentandola, capii rapidamente che almeno il tabacco valeva la pena di comprarlo buono. 
Le scarse soddisfazioni rimediate cercando di bruciare nella mia pannocchietta qualche economico prodotto del Monopolio (Golf, Derby) e qualche Amphora, mi convinsero che i soldi per una scatola di Dunhill London Mixture o di Balkan Sobranie, per quanto pesanti, erano comunque meglio spesi. Grazie a quello che ho risparmiato resistendo alla tentazione di altre pipe mediocri, ho fumato sin dagli inizi un bel po' di buon tabacco in una pipa dal costo irrisorio. Ma dalle qualità senz'altro superiori a quelle di tante radiche da cesto (o per dir la verità, talvolta anche non da cesto).
A parte il bocchino micidiale (ma ebbi il buon senso di comprarne una col bocchino nero, già più accettabile) la pannocchietta, a trovarne una di dimensioni adeguate, è una pipa di tutto rispetto. Anche piuttosto generosa con il principiante: perdona molto, non scalda se non in casi estremi, assorbe l'umido, nel complesso è una delle pipe più facili da fumare al mondo.
In mezzo al mio diluvio di pipe, una pannocchietta, da allora, l'ho sempre avuta. Perlopiù negletta e dimenticata ma comunque presente.

L'ultima che ho comprato, un giorno che ero incomprensibilmente senza pipa al seguito, è quella che si vede qui. Non un gran pezzo di design, obbiettivamente, ma l'unica tra quelle in vendita in quel giorno e in quel luogo, ad avere più o meno le dimensioni di una pipa. Al termine del suo servizio di necessità, è finita anche lei dimenticata, in un vecchio barattolo di Toscani. Ieri me ne sono ricordato, e l'ho recuperata dall'oblio.

A chiamarla è stata la congiunzione di due fattori. Il primo è che in vista dell'estate mi sono procurato due plug di Samuel Gawith decisamente molto scented, quelli di cui si parla in questo post.  L'obiettivo è fumarli in una piccola schiuma, che ho comprato per l'occasione e spedito a Gilli perché gli mettesse un bocchino all'altezza. Nell'attesa ho comunque cominciato a fumare i plug. Dei due, ho scoperto che l'RB, il più temibile sulla carta è un gattone tenero e docile. Il Grousemoor, invece, che pensavo essere appena fiorito, si è rivelato assai difficile da dominare in radica. Colpisce, stordisce e permane per lungo tempo. Dopo aver piacevolmente contaminato un paio di pipe piccole, che hanno continuato a fumare Grousemoor anche dopo tre cariche di ToscoVirginia, prima di tornare alla ragione, stavo per metterlo da parte in attesa della schiuma. Ed è qui che mi sono ricordato della mia Missouri Meerschaum.

Il nome dell'azienda non è scelto a caso. Il potere filtrante del tutolo  in un certo qual modo si avvicina a quello della schiuma di mare. Le punte violente ne escono attutite, i sapori acuti si smorzano. E' lo stesso effetto che i signori ungheresi ricercavano quando cenavano accompagnati dall'orchestra tzigana, collocandola però in una stanza attigua alla sala da pranzo.  Per una volta la pratica non ha contraddetto la teoria. E ora che finalmente è arrivato qualcosa che assomiglia all'estate, poche cose sono più gradevoli che andare a passeggio con una pipa di schiuma carica di Grousemoor, lasciandosi accarezzare dal primo sole e lasciando in giro vapori fioriti e agrumati. Una pipa di schiuma del Missouri, in questo caso. Che, mi sento di garantire, certe volte non è proprio niente di meno.





venerdì 7 giugno 2013

Roba pesante


Samuel Gawith Grousemoor plug, Samuel Gawith RB Plug, Frank Pfeiffenstudio Dark Red Plug, pronti a partire per un'operazione di scambio culturale.


Non è il primo post che dedico ai plug, un genere di tabacco che amo  e soprattutto mi diverte. Col plug puoi giocare in mille modi diversi. Lo tagli grosso, lo tagli a cubi. Io, soprattutto, lo taglio fino fino, a capelli d'angelo, specialmente quando lo fumo in pipa piccola. E improvvisamente sparisce ogni problema di combustibilità. 

Questi sono tre plug che affiderò per l'assaggio al mio amico Gaetano, in cambio di un po' del suo Sam's Flake. I due Gawith sono il frutto di un recente impazzimento e dell'acquisto di un paio di clay pipes e di una piccola schiuma. Sono plug che in teoria (e anche dai miei passati, sporadici, assaggi) dovevano essere uno leggermente aromatizzato ai fiori, e con forse qualche ricordo d'agrume (Grousemoor Plug), l'altro potentemente intriso di rosa e di geranio (RB Plug). Dove "potentemente" è forse un understatement. Anni fa per fumarlo mi ero servito di una Falcon e ne ero uscio così traumatizzato da abbandonarlo per sempre dopo un paio di pipate. Il tentativo di riumidificazione, questa volta, non ha sortito l'effetto sperato anche perché incosciamente ho abbandonato il barattolo in un cassetto, ritrovandomi mesi dopo una matassa di muffa.
Complice lo sbocciare dell'amore per i Virginia cosiddetti "saponati" ho deciso di ritentare l'avventura mirando però stavolta al bersaglio grosso. Invece del blocchetto da 25 grammi ho ordinato due bulk da 250, ovvero due grosse tavolette di tabacco. Il Grousemoor simile nell'aspetto al Kendal Plug (quindi abbastanza alto), l'RB schiacciato e scuro, credo per via della pressione e del calore aggiuntivi, che dovrebbero essere gli stessi da cui nasce il Full Virginia Flake.

Secondo Mauro Cosmo, grande appassionato della schiuma e fuoriclasse del lentofumo, i plug scented trovano la loro massima sublimazione in schiuma. Ovviamente in una schiuma di taglia adatta, cioè piccola. E così insieme ai due profumatissimi blocchi di tabacco, ho avuto la scusa per procurarmi una nuova pipa che appunto mi mancava. In questo momento si trova da Mauro Gilli, per la sostituzione del becco giallo con qualcosa all'altezza della situazione.

Per ora i miei plug li ho fumati in piccole radiche ed ho avuto una di quelle sorprese che Samuel Gawith spesso riserva ai suoi seguaci. Gli aromi sono quelli che ricordavo, ma la forza della profumazione è totalmente inversa. Il Grousemoor stavolta colpisce in modo violento. Mentre lo fumi ti dà quasi alla testa dalla forza del suo boquet fiorito ma acuto. E quando l'hai finito permane testardamente nella pipa, al punto che anche la terza fumata di Toscovirginia sa, inequivocabilmente, quasi solo di Grousemoor. L'RB invece è moderato, morbidoso, cioccolatoso, puffoloso. E' un Full Virgina Flake con un'ombra di fiori rossi, godibilissima e discreta.

Il terzo plug del set viene da Cagli. Non ci ero mai stato ed una delle ragioni per cui quest'anno sono andato alla Festa della Pipa è stato proprio il banco di Frank (il negozio tedesco che trovate a questo link). Lì mi sono procurato questo plug singolarissimo fatto di virginia scuri e chiari, un po' di kentucky, un po' di avana, un po' di perique, un po' (dicono, ma io non lo sento) di latakia. Sulla carta potrebbe sembrare un guazzabuglio. Invece è molto buono, pressato a freddo ed è come quei buoni minestroni in cui ogni verdurina sa del suo sapor di verdurina, e non di minestrone. Non lo conoscevo ancora ma l'istinto accaparratorio mi ha portato a comprare gli ultimi due blocchi da 100gr rimasti sabato sul banco di Frank. Un appassionato mi ha pregato di cedergliene uno. Spietatamente ho rifiutato e adesso posso congratularmene con me stesso. Spero che nella mia rotazione abbastanza ampia, il paio d'etti di plug riescano a durare fino al prossimo anno.

Buoni, i plug...


giovedì 6 giugno 2013

Senza tabacco


Sarebbe un brutto giorno quello in cui rimanessi senza tabacco. Ma penso di avere fatto la mia parte per tenere lontano questo spettro.
Qualche giorno fa, non so chi, ha deciso di organizzare una giornata mondiale preparando e pregustando questo evento che considererei catastrofico. La giornata mondiale senza tabacco.
Ovviamente me ne sono impipato. Ma c'è chi l'ha fatto meglio di me, scrivendo questo post.

mercoledì 5 giugno 2013

Aged vs. Fresco - Bright CR Flake a confronto





Il Bright CR Flake appena consegnato dal mio agente in Polonia: biondo, fragrante, fresco





Il bright CR Flake che mi attendeva da una dozzina d'anni. Gloriosamente maturo.


Domanda: cos'è il Bright CR Flake?
Risposta: uno dei più spettacolari flake di Virginia biondo su cui si possa avere la fortuna di mettere le mani. Degno sfidante del Samuel Gawith Golden Glow, su un registro un po' meno morbido e dolce, più acuto e forse con qualche nota resinata.

Il virginia biondo del tipo del Bright CR è uno dei tipi di tabacco che meglio risponde all'invecchiamento. E quando Gaetano mi ha portato dalla Polonia questa scatola ho cominciato a pregustare una delle forme più estreme di Delayed Self Gratification: appoggiare una scatoletta di Virginia su uno scaffale e degustarla una decina di anni dopo, nel pieno della sua maturità. Gaetano però mi aveva anche avvertito che alcune delle sue ultime scatole di Gawith & Hoggarth sembrvano non aver "preso il vuoto". Dopo un rapido controllo agli acquisti, mi sono reso conto che questo era indubbiamente il caso della mia scatola di Bright CR Flake.

Ma non tutti i guai vengono per nuocere. Da tempo mi ronzava in testa l'idea di verificare con un confronto side by side la mia empirica convinzione che il virginia biondo sia una di quelle cose per cui vale davvero la pena di aspettare. Finora mi ero sempre accontentato del godimento estremo di un virginia maturo, invecchiato, appena aperto, col suo odore di fichi, le sue fibre compattate e scurite, il suo gusto pieno e persistente, da sorseggiare come un Porto d'annata. Il confronto col fresco era facile da fare. Ma a memoria, con tabacchi fumati in momenti della vita diversi. Sarebbe stato bello prendere proprio lo stesso tabacco cantinato e no. Ma proprio lo stesso. Non un tabacco con lo stesso nome ma produttori e qualità diverse. 
Considerata la girandola di licenze che ha coinvolto negli ultimi decenni quasi tutti i prodotti più apprezzati sul mercato, i candidati al confronto non erano molti. E tra quelle specie di fossili dell' Età Perduta sopravvissuti identici a sé stessi e ai cambiamenti commerciali del mondo circostante, e di cui possiedo edizioni d'annata, c'è proprio il Bright CR Flake di Gawith & Hoggarth.

E così ho fatto saltare il coperchio (già, non era sottovuoto), ho fotografato entrambi e pazientemente, per circa una settimana li ho fumati nelle stesse pipe. Tre fumate di uno, tre dell'altro, pipa piccola, pipa media, pot, piccola chimney... O almeno queste erano le intenzioni.

Per dire la verità fino in fondo, dopo le prime prove condotte con rigore analitico e libretto degli appunti a fianco, ho rapidamente finito per perdere il controllo. I due virginia sono entrambi meravigliosi e ogni tanto non è male fumarne anche uno fresco e fragrante, appena uscito dalla pressa. Ho fumato uno, ho fumato l'altro, li ho alternati nello stesso giorno e in giorni diversi. Uno pungente, l'altro velluto. Uno perfettamente definito, l'altro morbido e maturo. Uno che ti dà la carica, l'altro che ti accarezza e ti avvolge. Uno adolescente sfacciato, fatto ancora di promesse da mantenere. L'altro rassicurante, ammorbidito, nel caldo settembre dei suoi anni.
Quello che ho capito è che mi piacciono troppo per farne l'autopsia. Al diavolo le schede. Questa è roba che smuove emozioni profonde, non si osserva al microscopio elettronico.


Come un Bright Cr Flake appena comprato.


Frank Sinatra non sarebbe Frank Sinatra se non ci fosse stato "The Voice" a cinquant'anni. Eppure sentirlo cantare a diciotto può darti lo stesso un brivido. Diverso.
Chiudo la mia prova comparata con due scatole vuote e una certezza. Amo Sinatra perché amo quel gattone in smoking midnight blue, che giocherella col suo pubblico del Sands, rotolandosi un bicchiere di Jack Daniels in mano.
Ma non toccatemi il ragazzetto secco con la cravatta a farfalla. Non solo un giorno diventerà Frank Sinatra. Lo è già.


lunedì 3 giugno 2013

Reserve du Patron Manil


Il mio barattolo di Semois, avviato a conclusione.


Coi cosiddetti naturali, o mediterranei ho sempre avuto un rapporto combattuto. Da giovanissimo pipatore affascinato dalla lettura di Bozzini provai a mettere del toscano in pipa e mi disgustò, per anni.  Leggendo di miscele in cui si aggiungevano toscani e toscanelli scuotevo la testa con commiserazione, verso i poveri infelici che si condannavano alla sofferenza storpiando alchimie delicate e talvolta mirabili. 
Pur avendo col tempo moderato la mia ostilità feroce al kentucky in pipa, continuo a pensare che metterlo in una English Mixture sia una sorta di abominio. Lo spiraglio al kentucky puro però si è aperto. Iniziò durante un periodo in cui avevo talmente abusato di Virginia da ridurre la lingua a un pallone dolorante. Rientrato dalla finestra come erba curativa, il kentucky ha poi trovato un posto abbastanza stabile, specie in combinazione col virginia, sia per il trattamento di pipe riottose che per qualche ultima fumata serale. Una sorta di alka seltzer fumigante.
Dal toscano, ho tastato il terreno degli scaferlati, che mi sono apparsi finalmente meno disgustosi di quanto li ricordassi. E da lì è nata la curiosità del Semois, che sono riuscito finalmente a procurarmi, per la prima volta, tampinando un amico diretto nelle terre dei fiamminghi, per lavoro. Ne ho provati diversi, sia falsi (il winders o come si chiama) che veri, primo fra tutti il Manil.
Il Manil è decisamente il più speciale. Ti arriva in una mattonella dorata, con questa meravigliosa etichetta in carta grezza. Non è uno sforzo verso il vintage o l'ecocompatibilità. E proprio così al naturale e già questo lo rende formidabile. Io ho avuto in sorte il taglio medio, chiamato "Reserve du Patron", che in pipa va già benissimo. Ne esiste anche un taglio grosso (La Brumeuse) e un taglio fine che dovrebbe essere finalizzato alla sigaretta.
L'odore a crudo non è il suo pezzo forte. Mio nipote, un bambino curioso delle mie pipe e dei miei tabacchi, e molto interessato alle classificazioni di forme e di aromi, annusandolo nel Bormioli l'ha definito "il tabacco che sa di merda". Inutile dire che è quello che preferisce e che ogni giorno, al mare, pretende di riannusare.
Fortunatamente, una volta acceso, il Semois Manil si rivela meno, diciamo così, particolare. Non ho ancora capito quale sia la foglia all'origine di questo prodotto belga, caratteristico e unico al mondo. Una sorta di pecorino di fossa dei tabacchi. A fumarlo regala un'esperienza imparentata con quella del kentucky, però arricchita di potenti zaffate terrose e persino qualche nota balsamica. Sfortunatamente il mio immaginario non ha molto da collegargli. Non mi intendo di Ardenne o di Fiandre, o di qualunque sia il luogo da cui questo tabacco proviene. Per me, sulla cartina del Belgio, una volta, avrebbe ben potuto esserci scritto "hic sunt cervisiae". Oggi potrebbe magari esserci "hic sunt semoises", ma sono a quel livello lì  (e mi scuso coi latinisti perché anche con quello me la cavo altrettanto male).
Pur non sapendo nulla del suo terroir, due cose comunque le ho capite. La prima è che il semois va fumato secco, esattamente come arriva. Il tentativo di umidificarlo produce un'esasperazione dell'amaro e (mi dicono) un rischio muffa notevolissimo, anche perché il tabacco è completamente privo di qualsivoglia additivo.
Come tutti i tabacchi secchi e a filamento molto lungo tende a far matassa. Non è facilissimo da sciogliere e anche per questo preferisce pipe piuttosto grosse in cui accomodarsi ed espandere i suoi aromi. A parità di peso è molto voluminoso per cui anche con un pipone di quelli imponenti non ci si rischia di misurare con una maratona interminabile.
E' anche molto buono in schiuma, come tutti i tabacchi cosiddetti naturali o mediterranei, in cui predomina la nota amara.
Se amate i tabacchi al coccomango, forse non è la cosa giusta per voi. Ma se vi piace il toscano, il vino grosso e viola, il caprino di Montevecchia, prima o poi arriverete a Corbion sur Semois. E vi sembrerà di esserci sempre stati.

Se poi volete leggere qualcosa di più e di meglio, ecco un interessante articolo del new york times



domenica 2 giugno 2013

I quattro punti cardinali

Questo articolo è dedicato a chi frequentando forum e gruppi si sente sommergere di sigle e denominazioni il cui significato pratico è alquanto oscuro. Lo scopo è semplificare e dare qualche primo punto di orientamento. Non catalogare e definire tutto quello che esiste sul mercato.



Come primissima classificazione, i tabacchi in commercio, secondo me si possono dividere in quattro categorie principali: Virginia Puri (o quasi), English Mixture, Naturali (o Mediterranei), Aromatizzati.

1) VIRGINIA PURI (o quasi)
Il Virginia è il re dei tabacchi, che forma la struttura principale di quasi tutte le miscele in commercio. E' una foglia dotata di dolcezza naturale, se lavorata in un certo modo. Ma ne esistono di infinite varietà, colori, stili di lavorazione. Può essere delicatissimo e dolce oppure una bomba fine-di-mondo, se curato a sole o a fuoco.
Quello che generalmente si fuma puro, a meno di essere minatori o pescatori di baleniera è il virginia flue cured (=dolce) di vari gradi. Molto spesso in flake (ovvero pressato in grossi pani e tagliato a fette). E' un tabacco che al primo grado di conoscenza della pipa si considera poco consigliabile per varie ragioni: 1) se è in flake non è facile da accendere e tenere acceso per chi non abbia un po' di pratica 2) se non è in flake facilmente pizzica la lingua 3) il virginia puro è un tabacco che si apprezza quando si imparano a gustare sfumature sottili. All'inizio non è molto soddisfacente (almeno non lo era per me). Probabilmente diventerà interessante tra un po' di tempo, quando questo articolo farà sorridere per la sua elementare rozzezza.
I principali virginia puri in commercio in Italia: Samuel Gawith Golden Glow, Samuel Gawith Best Brown Flake, Samuel Gawith Full Virgina Flake, Mc Connell Red Virginia (leggermente aromatizzato ma considerabile ancora puro), Capstan azzurro, Rattray's Old Gowrie, Rattray's Brown Clunee, Rattray's Hal O' The Wynd (con un po' di Kentucky che dà corpo).
Il primo da provare: Samuel Gawith Best Brown Flake


2) ENGLISH MIXTURE: il gusto affumicato
E' stato per lungo tempo il genere principale, quello che prima o poi un appassionato doveva per forza provare e quasi sempre amare. E' una miscela a base di virginia di vari tipi, con tabacchi orientali (macedonia, grecia, turchia) che portano profumi e rendono l'insieme meno pizzicante e soprattutto c'è il latakia, il tabacco affumicato che caratterizza questo genere. A volte c'è anche un po' di qualcos'altro (burley, kentucky, cavendish)
Ma l'importante a questo punto è che l'English mixture è il tabacco che "sa di affumicato". Può sapere tantissimo di affumicato, poco o mediamente. Può essere delicata o molto forte a seconda dei virginia che ci sono dentro. Può essere meravigliosa o mediocre. Ognuno approfondirà e sperimenterà. Ma il grande campo è questo. Secondo me a sceglierla giusta è un tipo di tabacco molto adatto a chi inizia, non è moto pizzicante (di solito), ha un gusto molto deciso che funziona anche per chi non ha sviluppato sensibilità estrema alle sfumature infinitesimali di gusto. Per me è stata un'iniziazione perfetta anche perché mio padre le fumava, e questo era quello che nella pipa cercavo io.
Le principali english mixture in commercio in Italia: Dunhill Early Morning Pipe, Dunhill My Mixture 965; Samuel Gawith Squadron Leader, Samuel Gawith Skiff, Samuel Gawith Commonwealth (non ha orientali, ma in questo momento va bene qui), Rattray's Red Rapparee, Rattray's 3 Noggins, Rattray's 7 Reserve... e tante altre
Il primo da provare: Rattray's Red Rapparee

3) NATURALI (o mediterranei)
Senza andare in cose troppo complicate e tabacchi da reperire in Francia, Belgio, Russia, Ungheria o Austria il genere dei naturali italiani è quello dei tabacchi molto a base di Kentucky, quindi imparentati con la materia prima del Toscano. Sono tabacchi schietti e semplici, senza aromi aggiunti, che in genere funzionano per chi viene appunto dal Toscano. I confratelli francesi, belgi o austriaci hanno composizione diversa ma carattere abbastanza simile, diciamo contadino. Sono gli italiani tradizionali e insieme alle English Mixture sono da sempre i due generi tradizionali del fumatore "serio". 
I naturali reperibili in Italia: Comune, Forte, Italia (un po' aromatizzato al Rum), Allegro e tutti i sigari toscani che volendo si possono sbriciolare in pipa.
Il primo da provare: Toscano Garibaldi sbriciolato
 Ci sono anche dei cavendish definiti naturali come l'amphora marrone o il Borkum Riff Original, che però di naturale hanno molto poco essendo tabacchi molto industrializzati e abbastanza additivati (la cosa non è un male in sé). Per me sono degli aromatizzati senza aroma, o con poco aroma. Li metto qui.

4) GLI AROMATIZZATI
E' il campo più vasto, più industrializzato, a me più sconosciuto. A me gli aromatizzati non piacciono quasi mai, ma formano il 90% di quello che si trova in tabaccheria. Sono i tabacchi, molto spesso a base di Burley (una foglia americana che ha la qualità di assorbire gli aromi come una spugna) e irrorati di ogni genere di aroma, con diverse procedure in cui non mi sembra il caso di entrare. A molti però piacciono e se cercate nella pipa il "buon profumo di pipa", occorre cominciare da qui.
Tre naturali che si dicono buoni: Sweet Vanilla Honeydew, Da Vinci, Blue Note
Il primo da provare: tirate la monetina e auguri