La pipa in ginepro Paronelli, che mi ha tentato col suo incredibile profumo resinoso
Ieri, visitando il museo della pipa di Gavirate, gestito dal giovane Paronelli (di cui parlerò in un futuro post), oltre ad essere rimasto ammirato dalla passione e dalle innumerevoli curiosità esposte, mi sono anche lasciato tentare da una pipa in ginepro sardo, un'essenza a cui pensavo da un po' e che dal vivo mi ha attratto con i suoi profumi incredibili, da cui mi aspettavo meraviglie in congiunzione con tabacchi naturali.
Il prezzo di 110 euro era abbastanza pesante nella gamma Paronelli, ma la forma curiosissima che mi ricordava la Skater di Charatan e poi di Upshall, mi ha convinto all'ennesimo tradimento dei miei propositi di non aggiungere, per il momento, ulteriori pipe alla mia già stracarica rastrelliera.
La stessa pipa, crepata irrimediabilmente alla prima fumata
La crepa parte dal nodo
Non mi intendo molto di ginepro ma
vedendone dal vivo per la prima volta una, ho avuto un'impressione, come
dire... di fragilità. Il legno non era molto spesso e c'erano un paio
di nodi evidenti per cui nel retrobottega dei miei pensieri ho pensato
al rischio di una possibile bruciatura. Ho chiesto al giovane Paronelli
cosa sarebbe successo nel caso si fosse bruciata e lui onestamente mi ha
avvertito che il rischio c'era e che sarei dovuto stare attento a
fumare molto piano fino alla formazione della crosta protettiva, che mi
avrebbe garantito in seguito. Non ho approfondito molto di più, forse
perché non volevo negarmi il piacere di provare quella pipa, e ho
sborsato con un po' di fatica i 110 euro richiesti. La sera ho caricato
la mia pipa con una miscela di Toscano Garibaldi e virginia ribbon
mcclelland, che mi ha trasportato in un nirvana balsamico. Forse anche
troppo resinoso, come logico nella prima fumata a legno ancora
nudo. La pipa sudava resina dalle fibre e dai nodi ma teneva bene. Ho
fumato con grande attenzione, attento a non scaldare, fino alla fine. E
la pipa è sopravvissuta indenne, pronta a una seconda carica. O almeno così credevo.
Grande infatti è stata la delusione quando stamattima sono tornato a rimirare la
mia pipa e l'ho trovata spaccata da una crepa passante. Evidentemente,
raffreddandosi, la struttura non ha retto al trauma. Non mi aspettavo
molto, ma ho scritto a Paronelli per informarlo dell'incidente, per
chiedergli se ci fosse qualche garanzia che copriva un evidente problema
del materiale ed eventualmente si potesse fare qualcosa, magari almeno
cerchiare la pipa.
Mi è stato risposto che purtroppo, come potevo evincere anche dalle aste su ebay, le essenze alternative non sono garantite. Né loro né Spanu (che fornisce il materiale e che è un po' il pioniere delle essenze alternative) possono garantire dei materiali che sono molto a rischio-fumatore. Si è offerto però di mettere nella pipa un fornello in radica, operazione che però non mi interessa per niente, visto che ho comprato questa pipa per il gusto di fumare nel ginepro. Capisco il punto, anche se il problema non mi era, devo dire, chiarissimo nel momento in cui ho acquistato. A posteriori non penso di avere formalmente nulla da pretendere. Resta però qualche considerazione di etica commerciale, a mio avviso ineludibile.
Come può un fabbricante mettere serenamente sul mercato dei prodotti che lui per primo sa essere fragili ed esposti al rischio di rottura, come se fossero delle pipe normali? Paronelli garantisce a vita i difetti di materiali e di lavorazione per le pipe in radica, esattamente come Dunhill. Ma non le essenze alternative, che però costano quanto e più della radica. Ha un senso?
Se compro una pipa a rischio fuma e getta, che sia una pannocchietta o una pipa di ceramica, so benissimo che la sua fragilità è a mio rischio. Ma spendo poco, o pochissimo. E se la pipa si rompe, bon, me ne compro un'altra senza troppi pensieri.
In alternativa, se si vogliono fabbricare e vendere pipe belle ma che si sanno essere fragili, occorrerebbe incorporare nel prezzo una specie di rischio assicurativo. La pipa forse costerà un po' di più, ma in caso di incidenti dovuti con ogni evidenza al materiale, si potrà sostituire esattamente come succede con una pipa di radica.
Se tutto ciò è economicamente impossibile, perché il materiale è veramente fragilissimo, allora il ginepro e le altre essenze si lasciano agli hobbisti che intagliano con piacere dai loro legni e se li fanno scoppiare in faccia come meglio credono. Ma non si firmano pipe del genere con il proprio nome, la propria marca, perdipiù ammonendo contro il rischio di imitazioni e contraffazioni. Ma che marca è una che vende a prezzo piuttosto considerevole delle cose che sa essere facilissime a rompersi, e si rifuta di garantirle? Non basta dire "occhio che se si rompe sono affari tuoi". Ammesso che sia stato detto, esiste una responsabilità di produrre cose che possano resistere almeno ad un uso ragionevole. E io forse non sarò abile in molte altre cose, ma una pipa -quantomeno- credo di saperla fumare come si deve.
Se pensate a una pipa in essenze strane, informatevi bene su cosa copre la garanzia. E se non copre niente, siate almeno ben certi che il prezzo non sia quello di una pipa "normale". O più.
Questa secondo me è la morale della storia.
Non sono un esperto di lavorazione del legno, ciò nonostante considero un vero e proprio azzardo, una volta che l'artigiano si accorge della presenza di un nodo, di quella dimensione e in quella posizione, proseguire nella lavorazione. Per il resto valgono le considerazioni, pienamente condivisibili, espresse nel tuo post.
RispondiEliminaSaluti
g
Purtroppo l'unica esperienza che ho col legno è... fumarci dentro. Un amico hobbysta di flp sostiene che più che un nodo, quello è il centro del ramo e che la rottura era praticamente inevitabile. Come nella radica, la parte "buona" è l'esterno del legno, cosa per cui però occorre avere rami grossi, difficili da avere. Ora ho imparato qualcosa di nuovo per la prossima volta in cui prenderò una pipa in ginepro (semmai lo farò).
RispondiEliminaFa niente, tutti possono sbagliare o azzardare un po'. Aldilà dell'onestà e della passione di Ariberto, che non discuto, intelligenza commerciale vorrebbe che i propri errori e i propri azzardi non venissero scaricati con cavilli più o meno legittimi sulle spalle dei clienti, che altrimenti difficilmente lo resteranno.
Penso che anche su questo, Dunhill sia una pietra di paragone che molti marchi italiani farebbero bene a studiare e cercare, con fatica e costi, di eguagliare.
Loro, dopo 100 anni, sono ancora lì. Non solo, ma anche, perché non hanno mai lasciato uno dei loro clienti a rigirarsi tra le mani una pipa fallata e bruciata.
Riflettendoci, i commercianti in Italia ti devono dare 2 anni di garanzia.
RispondiEliminaTu quella pipa l'hai pagata soldi buoni, non con banconote soggette a fessurazione. Senza contare che l'hai usata per fare il suo mestiere, non ci hai piantato chiodi nel muro.
Sì però sai meglio di me che con le pipe il campo è nebuloso. Chi l'ha danneggiata? Il fumatore o era già fallata? Se la prendi cavilosamente, la garanzia puoi non onorarla mai, anche se c'è.
RispondiEliminaNon lasciare i tuoi clienti a piedi (persino se hanno sbagliato loro, dentro un ranbge ragionevole, certo non se hanno buttato la pipa dal quinto piano) è un fatto di intelligenza commerciale.
Anche perché, altrimenti, uno i clienti li perde.
EliminaLa prima cosa che viene in mente è:
RispondiEliminaIl Sig. Paronelli legge questo post?
Con dispiacere per l'accaduto...
Cordialità.
Fr.oliver