Una Genod con bocchino in corno "popolare". Più che una pipa, uno strumento di tortura.
Il buon Tarek mi ha rifornito in passato di molte meraviglie. Ma tra le esperienze eccezionali che gli devo c'è anche (non certo per colpa sua) la pipa peggiore tra quelle che abbia mai posseduto e fumato. E' una pipa francese che scelsi attirato dal suo bocchino in corno popolare, sia nel taglio a sezione molto spessa e rotonda che nel materiale: normale corno di un normale animale da lavoro, senza nessuna di quelle proprietà straordinarie che rendono possibili le opere d'arte di Gilli. E' un corno privo di qualunque nobiltà esotica che, con la sua normalità, rende necessario il tipo di sezione spessa e poco confortevole che molti fumatori odiano, ma che era esattamente quello che cercavo io. Volevo una pipa ruvida, di quelle che si possono immaginare nelle mani grosse di un contadino francese, dunque non me la sono presa a male quando, una volta estratta dalla sua scatola, ho scoperto nella testa tutta una gamma di piccole imperfezioni dovute alla ratica per una volta non extra-extra, ma comune, e dunque con le sue inclusioni e i piccoli buchi. Imperfezioni che nulla toglievano alla funzionalità e che nessuno aveva pensato di nascondere con lo stucco. Bene così. Sul bordo superiore del fornello c'era anche un piccolo segno di utensile probabilmente dovuto alla morsa che aveva tenuto la testa ferma nel tornio. Nulla di cui preoccuparsi, anzi un tocco in più che avrebbe regalato alla mia pipa popolare un tocco di verità in più. Volevo una pipa di quelle fatte per uomini da una sola pipa e un solo tabacco (uno di quelli neri e per me infernali). Ma comunque una buona compagna, tutta sostanza contadina. Però non sono riuscito a farla mia. Non mi aspettavo un approccio facile, ma nemmeno la sorda e scorbutica resistenza che questa Genod ha opposto ad ogni tentativo di rodarla. Ha reso amari i miei Virginia, aspre le mie English Mixtures, mi ha legato la bocca, lasciato incollati sulla lingua saporacci insopportabili. Non una, non dieci, ma tutte le volte che ho provato a fumarla prima di riporla in un vaso a perenne ricordo di cosa differenzi una buona pipa, levigata e dolce, da una amara pipa dozzinale (una differenza di cui ho parlato in questo post).
Ultimamente dopo un lungo periodo di mezzadria coi toscani, sono tornato alle mie pipe deciso a non tradirle più. Ritrovata nelle mie passeggiate l'avventura quotidiana del fumare la pipa, ho provato a sperimentare nel fornello il toscano sbriciolato, delizia per grandi come Peppe Ramazzotti, che però io non ero mai riuscito ad apprezzare. Per tentare questa strada e inebriato dal piacere del rischio, ho scelto dal vaso proprio questa Genod, sperando che il più scorbutico dei tabacchi potesse forse curare con le maniere forti la più scorbutica delle mie pipe. E' stata, effettivamente, la meno sgradevole delle fumate che questa pipa avesse mai regalato e da allora mi sono incaponito a rifumarla, sperando che prima o poi questa testarda Genod voglia ridursi alla ragione. Ci fumo Forte e Comune, trinciati di Kentucky italiano e per lei ho anche inventato miscele in gran parte nostrane, dove i Virginia o le mixtures al latakia sono solo un componente minore che dovrebbe offrire qualche reminescenza, però su una base robustamente rurale, come forse questa pipa pretende. Per un po' la Genod è sembrata piegarsi e ho cominciato a sperare che la testardaggine e la cura di tabacco nostrale potesse finalmente sopraffare questa ostica creatura dello Jura. La perseveranza ha dato qualche risultato e con l'ispessimento della crosta mi è parso che il sapore migliorasse. Quindi ho deciso di premiare la mia pipa ribelle con una caricata mattutina di Trinciato Italia, che al Kentucky italiano aggiunge anche del Virginia e del tabacco di tipo turco (ma pur sempre coltivati in Italia). E' stata una fumata, se non piacevole, quantomeno priva di asperità. Ma poche ore dopo, tornando a casa, la Genod mi ha tradito un'altra volta e la stessa carica di trinciato italiano mi ha dato boccate amare come il veleno, che mi hanno fatto capire che la Genod, come uno di quei muli che ti scaraventano nel burrone quando meno te lo aspetti, non è una bestia dalla quale potrò mai aspettarmi nessuna vera amicizia.
Ho pensato a quegli uomini rudi di una sola pipa e di un solo tabacco, che io non riuscirei mai a fumare. E ho pensato a quanto dura e aspra doveva essere una vita in cui persino fumate del genere rappresentavano un piacere così amato da investirci il poco denaro che non serviva a mangiare, bere e a coltivare il proprio campo. O forse, chissà, a forza di fumarle e violentarle con trinciati impossibili, giorno dopo giorno, senza mai un riposo, quelle terribili pipe cominciavano a regalare piacere dove una radica più raffinata avrebbe alzato bandiera bianca, rovinandosi irrimediabilmente. Può essere che sià così. O più probabilmente era l'uomo a prendere forma giorno dopo giorno, adattandosi alla sofferenza e imparando persino a considerarla un dono.
La stampigliatura della mia Genod
Interessantissimo e, se permetti, bellissimo post.
RispondiEliminaPenso che il contadino una pipa-un tabacco sia un tòpos comune per molti fumatori di pipa.
Una "idea" che ho imparato a guardare rispettosamente da lontano, rendendomi presto conto di quanto fosse sterile e falso provare a realizzarla.
Non erano altri fumatori, erano altri uomini...
P.S.
Purtroppo non funziona il link "questo post".
Hai proprio ragione. Erano altri uomini, e tentare ad immergersi in quel mondo con un piede, per sentire se l'acqua è calda, non funzionerà mai. Però a volte la tentazione viene...
RispondiEliminaTi ringrazio per il commento e della segnalazione, adesso ho sistemato il link.
Per la cronaca, a forza di "toscano & virginia" penso di avere finalmente domato anche questa pipa "maledetta". Sono soddisfazioni...
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RispondiEliminaIl mio trisavolo e omonimo Antonino Culmone fumava un solo tabacco in una sola pipa : Comune in chiogiotta...... Spero di aver preso qualcosa da lui.....peccato che non ho foto di quell'uomo , ma é morto da circa 70 anni
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